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Prezzo identico ma meno prodotto, cos’è la shrinkflation denunciata dai consumatori

Codacons presenta un esposto all’Antitrust e in 104 Procure per valutare la pratica

Inflazione al 6,5% a marzo, mini rincaro benzina

3' di lettura

Stesso prezzo ma pacchetto più piccolo o contenuto inferiore o meno servizi. Per combattere l’inflazione galoppante (a marzo i prezzi al consumo hanno fatto registrare una crescita del 6,5% anche se l’accelerazione è imputabile prevalentemente ai beni energetici) e non dare al consumatore una sensazione di impoverimento tale da scoraggiare la spesa e quindi i consumi, le aziende stanno reagendo con una nuova strategia: la “shrinkflation” (termine anglosassone composto verbo “shrink”, restringere, e “inflation”). Fenomeno diffuso, non solo in Italia, che le associazioni dei consumatori hanno deciso di denunciare: Codacons ha presentato un esposto all'Antitrust e a 104 Procure della Repubblica, chiedendo di aprire indagini volte a verificare se questa prassi sia legale o se invece configuri reati come truffa o pratica commerciale scorretta. Analoga iniziativa era stata assunta da Consumerismo No profit a inizio aprile.

Il pacchettino di patatine più leggero

L’esempio classico per spiegare la “shrinkflation” è il pacchetto di patatine. Chi va a fare la spesa si troverà davanti lo stesso prezzo di sempre e lo stesso pacchetto che è abituato a comprare. A cambiare è il numero di patatine all’interno, 5 o 10 in meno. Un escamotage quasi impercettibile ma che si moltiplica di prodotto in prodotto: se alle patatine si vuole accompagnare una bibita, si rischia di trovarsi davanti una lattina apparentemente identica, ma in realtà leggermente ridimensionata nel diametro o nell’altezza rispetto alla solita. Negli Stati Uniti le confezioni di pasta - prodotta nel Paese con il grano tenero, materia prima di cui l’Ucraina è tra i principali produttori al mondo e che oggi scarseggia sui mercati internazionali - sono rimaste le stesse, cosi’ come i prezzi, ma il peso netto all’interno è diminuito. Mascherando quindi l’inflazione, apparentemente inesistente ma che si fa invece sentire.

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Il caso Toblerone

La shrinkflation non è però un fenomeno nuovo. Il caso tipo passato alle cronache è stato quello della barretta del Toblerone: qualche anno fa, per far fronte all’aumento del costo del cacao, i produttori decisero di ridurre il numero dei “denti” di cioccolato, allungando gli spazi tra l’uno e l’altro per risparmiare sulla materia prima. Una decisione che non passò inosservata, scatenando le ire dei consumatori. Ora sta facendo lo stesso la britannica Cadbury che ha ridotto del 10% le dimensioni delle sue barrette di cioccolato Dairy Milk mantenendo però lo stesso prezzo. Il colosso americano che la controlla, Mondelez, ha affermato di non poter far altro di fronte ai costi sempre più alti associati alla produzione: così il peso delle barrette è passato da 200 a 180 grammi.

La denuncia delle associazioni consumeristiche

A puntare l’attenzione sul fenomeno in Italia sono le associaziioni dei consumatori. Già all’inzio di aprile Consumerismo No profit aveva denunciato il «trucchetto “svuotacarrelli” che consente enormi guadagni alle aziende produttrici ma di fatto svuota le tasche dei cittadini» presentando un esposto chiedendo di accertare se la shrinkflation possa violare le norme del Codice del consumo e realizzare una pratica commerciale scorretta.

«Un trucchetto che consente enormi guadagni alle aziende produttrici ma di fatto svuota i carrelli e le tasche dei consumatori» denuncia anche Codacons che a sua volta si è rivolta all’Antiturst e ha presenatato espospit nelle 104 Procure d’Italia. «I consumatori - dice il Codacons - tendono ad essere sempre sensibili al prezzo ma potrebbero non notare piccoli cambiamenti nella confezione o non fare caso alle indicazioni, scritte in piccolo, sulle dimensioni o sul peso di un prodotto. Spesso, inoltre, ad una diminuzione del quantitativo di prodotto si associa un nuovo packaging e un restyling visivo così da rendere il tutto ancor più accattivante».

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